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ALEC EMPIRE: Intelligence and Sacrifice (DHR/Audioglobe) |
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‘ Genio’ e ‘capolavoro’ sono termini fin troppo abusati. Ci si imbatte spesso in onesti mestieranti messi sul podio sull’onda dell’entusiasmo di un momento, in dischi da cinque stelline che non durano più di un mese (quando va bene). Errori di valutazione a volte commessi in buona fede, ammettiamolo.Con Alec Empire, il discorso è diverso. Possiamo collocarlo tra i massimi esponenti di una categoria a parte, tra quei musicisti ( Aphex Twin, Trent Reznor) che negli ultimi dieci-quindici anni hanno provato realmente a cambiare i connotati alla musica partendo dal gesto iconoclasta di Lou Reed in Metal Machine Music (1975), preludio al furore punk, atto nichilista (leggasi ‘suicidio commercialè) di una rock’n’roll star precipitata nel baratro di un crollo nervoso.Se il rock è sopravvissuto a se stesso, il merito è tutto di chi ha perseguito un discorso di contaminazione tra i generi, mettendo talora in discussione il concetto - apparentemente inviolabile - di band. Crossover? Non solo. Esemplari, in questo senso, gli storici cambi di rotta dei Primal Scream nei primi anni Novanta e, più recentemente, dei Radiohead con Kid A ed Amnesiac, contrariamente al grosso equivoco - pomposo ed elitario - rappresentato in toto dal filone post-rock (che abbaglio, ragazzi!). Come trascurare, poi, l’avvento di non-musicisti come David Holmes, l’apporto della rave-culture, il definitivo abbattimento del muro che separava il pubblico rock dai frequentatori delle discoteche? La storia artistica di Alec Empire, nato a Berlino nel 1972, comincia come dj ed è attualmente costellata di nomi e tappe importanti: collaborazioni con Einsturzende Neubauten, Thurston Moore dei Sonic Youth, R. L. Burnside, Jon Spencer, Slayer, Bjork; concerti in tutto il mondo, incisioni come leader degli Atari Teenage Riot ed in veste di solista. L’ultimo lavoro, Intelligence and Sacrifice è un doppio che alterna una prima parte caratterizzata da un furioso assalto sonoro punk/techno/breakcore, ad una seconda più introspettiva, accostabile ad un album come Hypermodern Jazz (1996) che poteva vantare tra le sue influenze Sun Ra ed il Miles Davis di Bitches Brew.Due lati della stessa personalità: violenza e sogno, non a caso concretizzati mediante una netta separazione tra le incisioni con altri musicisti e quelle in solitaria. Path of Destruction, brano che apre la corposa raccolta, ha un testo che riecheggia il 1977 nel lapidario: "This is our world and it has no future", eppure viaggia sui binari (e sui campionamenti) tipici del suono dei Nine Inch Nails. Più gotica l’atmosfera di The Ride, più metal la slayeriana Tear It Out Remix (chitarre e batteria suonate dall’ex Nirvana Dave Grohl). Il livello non si abbassa di una tacca nelle successive Everything Starts With a Fuck; Killing Machine e Addicted To You, trittico che rappresenta il punto più caldo del disco. Tensione, beat aggressivi, accelerazioni improvvise, suoni sporchi e stratificati: Alec Empire è un selvaggio alla maniera di Iggy Pop e Johnny Rotten ma ha studiato diligentemente Schonberg e Duchamp. Mette insieme frammenti di generi antichi e moderni rivolgendosi ad un ascoltatore dalla mente aperta, puntando all’approccio diretto, brutale (tutto il primo disco suona come un live). Onestà: concetto alieno a chi sforna quotidianamente musica per le masse. Ripercorrendo a ritroso la monumentale discografia di Empire, si comprende il senso della frase: "Considero Intelligence and Sacrifice un po’ come il mio primo vero album". L’insieme è una sintesi delle esperienze dell’autore come dj e producer per conto terzi, come cervello degli Atari Teenage Riot e come affascinante esploratore di scenari del passato nei cut-ups di suoni estrapolati da colonne sonore di B-movies anni Quaranta e Cinquanta e fissati in Les Etoiles des Filles Mortes (1996). Non si è mai fermato a riflettere, probabilmente. Ha fatto quel che voleva, privilegiando l’istinto e rendendo obsoleto tutto il resto. Intelligence and Sacrifice è il parto seminale di un genio, il capolavoro che collega idealmente Metallic KO. degli Stooges all’estremismo della generazione gabber.
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