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AA.VV: New York noise (Soul Jazz)

 

AA.VV: New York noiseÈ roba buona, potete fidarvi. Quando si tratta di assemblare una compilation monotematica, la Soul Jazz non sbaglia una mossa e fin qui è tutto onore: abbiamo ascoltato autentici colpacci come Philadelphia roots; Universal sound of America e il recente, magnifico Miami sound. I sedici brani che compongono New York noise (sottotitolo: Dance music from the New York underground 1978-1982) sono stati scelti da Adrian Self e Stuart Baker, hanno le minuziose note di copertina di Patrick Coopar (32 pagine di booklet!) e l’elegante artwork a colori acidi di Rent Boyd e Adrian Self. Soprattutto però, in un momento in cui New York ha ripreso davvero a far parlare di una propria scena musicale attraverso bands come Liars, Outhud, Radio 4 e The Rapture (attesi ad ottobre con l’album Echoes), questo disco è un salto indietro nel tempo, verso la stagione dei clubs Max’s e CBGBs, dell’infezione noise e della storica raccolta collettiva No New York curata da Brian Eno (urge una ristampa e pare che la rinata Zé Records ci stia facendo un pensierino).

Alla fine degli anni Settanta – lo insegnano in prima elementare - la Grande Mela era il regno incontrastato del cool. La Downtown pullulava di personaggi come Richard Kern, John Lurie, David Byrne, largamente coinvolti in varie discipline (musica, scrittura, cinema, teatro, danza). Artisti influenzati dal punk, dalla disco, dal funk quanto i rappresentanti della coeva scena post-punk inglese ma rispetto a questi ultimi sicuramente più esposti da un lato agli effetti del free jazz, della black music e di Konkcompositori d’avanguardia (Philip Glass e Charlemagne Palestine in testa), dall’altro al livido, nevrotico disagio metropolitano fotografato da un quasi esordiente Abel Ferrara in Driller killer (1979), pellicola incentrata sulla storia di Reno Miller, pittore spiantato che ha come vicini di casa i rumorosi Tony Coca-Cola & The Roosters.

A New York si provava/registrava nei loft, si posava per una polaroid di Warhol, si cercava la differenza da ogni altro luogo possibile in quella che a tutti gli effetti deteneva il primato di città/piazza aperta a culture eterogenee. Un suono sporco, dissonante, malato, rappresentava la perdita volontaria e radicale di ogni legame con l’industria del rock. No Wavè, la chiamarono i media. Le etichette discografiche di riferimento erano la succitata Zé, voluta dal critico teatrale Michael Zikha e dal grafico Michael Esteban, poi la 99 Records di Ed Bahlman, proprietario di un omonimo negozio di dischi nel Greenwich Village; la Red Star di Marty Thau (tenne a battesimo i Suicide); la Celluloid e la Sleeping Bag Records.

New York noise – disponibile anche in doppio vinile - riporta alla luce la colonna sonora di una città intossicata e mutante. I nomi, allora: Liquid Liquid, quartetto attento alle commistioni tra avanguardia e tribalismo guidato da Salvatore Principato, amatissimiJames Chance sia da Grandmaster Flash (che li campionerà in White lines) che dai ‘nipotini’ Beastie Boys. Gli oscuri Bush Tetras; The Bloods, all-girl band dalla stringatissima discografia che comprende un unico singolo (Button up), alcune collaborazioni sparse e la soundtrack del film indipendente Born in flames diretto da Lizzie Borden. I Contorsions del sassofonista/cantante di Milwaukee James Chance (classe 1952, all’anagrafe Siegfried), qui presenti con la schizoide Contort yourself (attenzione: di Chance stanno praticamente ristampando l’opera omnia); poi le ESG delle sorelline Renee, Valerie, Debbie e Marie Scroggins, riformatesi nel 2002 per Step off, altro ottimo album targato Soul Jazz; i Dinosaur L dello scomparso Arthur Russell; i DNA di Arto Lindsay e di Ikue Mori; il funk in salsa latina dei Konk (presteranno il batterista Richard Edson alla prima formazione dei Sonic Youth); gli immensi Material di Reduction; The Dance (Do the dada è tratta dal loro primo, introvabile E.p. uscito in origine su ON Records); i Mars, veri pionieri della ‘No Wavè formatisi nel 1975; Rammelzee Vs K. Rob (prodotti da Jean Michel Basquiat); la Lesson n°1 di Glenn Branca che fu precettore di Lee Ranaldo e DefunktThurston Moore; le Theoretical Girls e i Defunkt di Joe Bowie (fratello minore del più noto Lester, deus ex machina degli Art Ensemble of Chicago).

La minestra è sostanziosa. Di quel che c’era nel calderone della Big Apple, non manca quasi nulla e in ogni caso consiglio un approfondimento con altre due interessanti antologie fresche di stampa: Mutant disco e N.Y. No Wave (Lydia Lunch; Suicide; Teenage Jesus & The Jerks tra i nomi di punta), entrambe su Zé Records.

 

(J.R.D.)